La “questione Brexit”

L’incontro organizzato da “La città futura . eu” con Roberto Gualtieri lo scorso 13 aprile ci ha permesso di conoscere da vicino lo stato di avanzamento degli accordi per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea con l’esperienza diretta di un europarlamentare che ha partecipato direttamente alle trattative su Brexit.

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I capi negoziatori della Gran Bretagna e della UE hanno annunciato che a dicembre è stato trovato un primo accordo per l’uscita della Gran Bretagna. Il periodo di transizione durerà dal giorno dell’uscita, il 29 marzo 2019, al 21 dicembre 2020.

E’ stato definito un testo giuridico per il divorzio che copre “la maggior parte delle questioni”: un’intesa completa su diritti dei cittadini, costi del divorzio e anche il periodo di transizione, ma resta ancora da risolvere la questione legata a Irlanda e Irlanda del Nord.

Dal giorno in cui inizierà la fase di transizione il Regno Unito non parteciperà più al processo decisionale dell’Unione Europea, perché dopo quella data non sarà più membro. Manterrà benefici e vantaggi del mercato unico e dell’unione doganale e dovrà quindi rispettare tutte le regole europee come fanno tutti gli Stati membri. Durante la transizione, i cittadini europei avranno gli stessi diritti di chi è arrivato prima della Brexit. La Gran Bretagna non avrà voce in capitolo su nessuna decisione, dovrà rispettare tutti gli obblighi Ue ma godrà anche dei benefici che ne derivano incluso il mercato interno.

Il conto alla rovescia continua: mancano poco più di 11 mesi a Brexit e regna tuttora l’incertezza sul tipo di accordo che la Gran Bretagna riuscirà a raggiungere con l’Unione Europea, poiché l’accordo preliminare raggiunto in dicembre non rappresenta un vincolo e sarà dichiarato nullo se non ci sarà un’intesa sostanziale.

La fuoriuscita di un paese membro dall’Unione europea è una questione complessa. Gli ordinamenti nazionali, infatti, sono ormai fortemente interconnessi con l’ordinamento comunitario. Non a caso il Regno Unito ha dovuto approvare una legge che recepisce integralmente il diritto europeo nel proprio ordinamento e ha – per esempio – deciso di applicare direttamente la direttiva europea sugli appalti pubblici.

In Gran Bretagna ci sono contrasti profondi sia all’interno del Governo britannico sia nei rapporti tra Governo, Parlamento e Camera dei Lord. Il “Brexit Bill”, la legge che sancirà l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue sta avendo un percorso lento e tormentato, con la Camera dei Lord che ha appena votato un emendamento a favore dell’unione doganale.

I negoziati sono ora ripresi e sono divisi in tre fronti: l’Irlanda, il futuro dei rapporti tra Gran Bretagna e Ue dopo Brexit e tutto il resto (diritti dei cittadini, giurisdizione della Corte di Giustizia europea, conto del divorzio, pesca e numerose altre questioni).

L’obiettivo è di raggiungere intese sostanziali e definitive su tutti e tre i fronti per il summit di giugno e comunque prima del summit europeo di ottobre, per dare tempo al Parlamento europeo e a tutti i Parlamenti nazionali di approvare l’accordo proposto entro il 29 marzo 2019.

La Gran Bretagna ha finora fatto diverse concessioni: sui diritti dei cittadini Ue, sull’ammontare del conto del divorzio, sul periodo di transizione. In cambio ha ottenuto il diritto a negoziare trattati commerciali con Paesi terzi in vista di Brexit.

Il Regno Unito potrebbe anche fare una concessione più significativa, decidendo di restare nell’unione doganale, vista la posizione che sta emergendo nella Camera dei Lord e nel Parlamento, proprio per risolvere la questione irlandese. Ma molto dipenderà dagli esiti delle elezioni amministrative in Gran Bretagna del 3 maggio.

Paola Notari – Gaetano Palombelli