Riprendere la prospettiva democratica e autonomista della Repubblica Romana del 1849

L’incontro su “Le libertà municipali e i principi di autonomia nella Costituzione della Repubblica Romana del 1849” è stato organizzato il 6 dicembre scorso dall’Associazione “lacittafutura.eu”, presso il Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina, con l’obiettivo di approfondire le radici storiche e culturali su cui può essere fondato un nuovo assetto istituzionale per Roma che valorizzi i municipi nella direzione indicata da alcuni principi fondamentali della Costituzione della repubblica romana del 1849.

 

RR1849

L’associazione “lacittafutura.eu” ringrazia la Soprintendenza capitolina e il Museo per la collaborazione nell’organizzazione dell’incontro; ringrazia i relatori che sono intervenuti permettendoci di approfondire la conoscenza dell’esperienza della Repubblica Romana e del ruolo che le libertà municipali e i principi di autonomia hanno avuto nella Costituzione del 1849: il prof. Giuseppe Monsagrati,  la dott.ssa Irene Manzi, l’Associazione A. Cipriani – Comitato Gianicolo, il Comitato di quartiere Monteverde Vecchio,  Legautonomie Lazio, la Presidente del Municipio I di Roma (cfr. le foto dell’evento).

Quest’iniziativa si inserisce nel percorso avviato dall’associazione per costruire una proposta condivisa sull’assetto futuro della metropoli di Roma Capitale, che non può essere elaborata senza una piena consapevolezza della storia importante e complessa di Roma.

La città di Roma, nella sua storia millenaria, non ha mai avuto al suo interno una strutturata articolazione municipale.

Roma antica è stata concepita come una città-stato organizzata intorno a legami familiari (gentes) e proiettata verso una continua espansione. Il richiamo ai municipi è servito, in epoca repubblicana, a regolare le relazioni con le città alleate a cui veniva riconosciuta la libertà municipale. Più tardi, vi è stato il richiamo alle province come sedi di decentramento dell’amministrazione dell’Impero.

La struttura organizzativa di Roma nel Medioevo è strettamente legata al sistema di potere feudale di nobili e baroni e all’organizzazione della Chiesa, che si articola in parrocchie e basiliche da cui deriva in gran parte l’articolazione delle prefetture dell’attuale diocesi di Roma.

Una parentesi originale è l’esperimento tentato da Cola di Rienzo che, partendo dalla memoria dell’antica grandezza dell’epoca repubblicana, ha cercato di sviluppare una civiltà comunale più giusta e aperta all’innovazione, con l’aiuto delle classi che e guidavano l’economia: mercanti, giudici, notai. Ma quest’esperienza è stata molto breve e si è interrotta dopo pochi mesi.

Solo con la Costituzione della Repubblica Romana del 1798 si afferma il principio dell’organizzazione municipale della Repubblica e si stabilisce che i Comuni con più di 100.000 abitanti debbano essere suddivisi in più municipi. La cultura francese, che è alla base di quest’esperienza, si collega alle esperienze di municipalismo democratico, tipiche di alcune aree dell’Italia centro-settentrionale, e si legittima sul piano storico-culturale, anche attraverso un reinventato mito dell’autogoverno comunale medievale.

La Costituzione della Repubblica Romana del 1849 si ispira alla libertà municipale come fondamento di un ordinamento democratico e all’autonomia locale come criterio di riparto territoriale della Repubblica.

  • V – I Municipii hanno tutti eguali diritti: la loro indipendenza non è limitata che dalle leggi di utilità generale dello Stato.
  • VI – La più equa distribuzione possibile degli interessi locali, in armonia coll’interesse politico dello stato, è la norma del riparto territoriale della repubblica.

Questi principi costituiscono punti fermi di un’esperienza storica significativa che ha cercato di coniugare la gestione democratica della Repubblica con la valorizzazione del pluralismo istituzionale come requisito essenziale per governare una realtà territoriale molto complessa che ereditava i territori estesi dello Stato pontificio.

Alle elezioni a suffragio universale maschile dell’assemblea costituente del 21-22 gennaio 1849 seguono, infatti, le elezioni municipali con voto censitario che si tengono nel successivo mese di aprile 1849.

Nella difesa di Roma dall’assedio delle truppe francesi, negli ultimi giorni della Repubblica, il triunvirato deciderà di affidare la responsabilità della gestione dei 14 rioni che componevano la città storica a deputati dell’assemblea costituente.

La brevità di quest’esperienza non consente di sviluppare pienamente questi principi nella concreta organizzazione della Città di Roma.

Dopo la nascita dello Stato unitario e la breccia di Porta Pia, Roma diviene Capitale del Regno d’Italia nel 1871. Questa scelta condiziona l’organizzazione della città, che diviene sede dei ministeri e vede crescere progressivamente la sua popolazione, con una presenza diretta del Governo centrale nella gestione dello sviluppo urbanistico e dei delicati rapporti tra lo Stato e la Chiesa. La centralizzazione della gestione della Capitale diviene ancora più evidente con il Governatorato di Roma durante il ventennio fascista.

Ma la Repubblica Romana costituisce un lascito di straordinaria importanza con la Costituzione proclamata il 3 luglio 1849, a poche ore dalla caduta della Repubblica ad opera delle truppe francesi: una carta costituzionale che costituisce un «unicum» nel periodo risorgimentale e che verrà poi presa a modello anche dall’Assemblea costituente che approverà la Costituzione della Repubblica italiana del 1948.

Una riflessione approfondita sui principi di autonomia della Costituzione della Repubblica Romana del 1849 offre, pertanto, utili spunti storici alle associazioni e alle autorità cittadine che stanno cercando di elaborare proposte su un nuovo assetto istituzionale della Città di Roma.

L’attuale struttura dell’amministrazione capitolina non riesce evidentemente a rispondere ai bisogni della comunità. Il Comune di Roma è ormai troppo grande per occuparsi in modo puntuale dei mille problemi quotidiani che i cittadini romani vivono nei diversi municipi e, allo stesso tempo, è troppo piccolo per offrire un governo efficiente e funzionale alla più grande area metropolitana del paese e alla capitale d’Italia.

Per recuperare il senso della storia e darsi un progetto per il futuro, occorre riprendere la prospettiva democratica e autonomista che era stata avviata dalla Repubblica Romana del 1849 e ispirarsi alle esperienze di altre capitali europee.

Con una legge speciale che attui finalmente l’articolo 114 della Costituzione, si può disegnare l’assetto istituzionale della “Grande Roma”, una città intelligente che, trasformando i Municipi in veri Comuni metropolitani, va al di là degli attuali confini del Comune, per dare un governo strategico e integrato alla capitale e a tutta l’area metropolitana.

 

Gaetano Palombelli

Il voto ai partiti a Roma nel 2016 e nel 2018, in vista delle elezioni del III e VIII Municipio

Nei giorni scorsi, nel sito de “l’Italia che verrà”, è stata pubblicata l’analisi del voto a Roma alle elezioni politiche e regionali nel 2018 di Federico Tomassi nella quale sono approfondite le dinamiche del voto alle coalizioni.

Alle elezioni politiche, nel complesso della città, è la coalizione di centrodestra (composta da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia) a vincere con il 31%, con un forte incremento rispetto alle precedenti elezioni che gli ha permesso di avere un vantaggio di mezzo punto percentuale sul M5S e di circa tre punti sul centrosinistra.

Alle elezioni regionali, invece, vi è la riconferma di Zingaretti alla presidenza della Regione, nello stesso giorno in cui la coalizione di centrosinistra era sconfitta nelle elezioni politiche e nonostante che le liste che lo sostenevano (PD, LeU, +Europa, Insieme, Centro Solidale e Lista Civica) abbiano avuto meno voti di quelle del centrodestra. Da quando è stata introdotta l’elezione diretta, è la prima volta che avviene nel Lazio la rielezione del presidente in carica.

A Roma, alle elezioni regionali, il centrosinistra vince con oltre il 37% dei voti, superando di circa 10 punti percentuali il centrodestra e il M5S, che si fermano rispettivamente al 28% e al 26%. L’andamento dei consensi per il centrosinistra è nettamente decrescente man mano che ci si allontana dal centro della città. Tuttavia, a differenza dei risultati della Camera, il candidato del centrosinistra prevale non solo nei quartieri più centrali (49%) e nella periferia storica intorno all’anello ferroviario (oltre 41%), ma anche con uno scarto più ridotto nella periferia anulare interna al GRA (33%).

Se si passa da un’analisi del voto alle coalizioni ad un’analisi del voto ai partiti, alle elezioni politiche il M5S si conferma il primo partito della città con un risultato pari al 30,6%, mentre il PD è il secondo partito con un risultato del 21,6%. La distanza tra il M5S e il PD si riduce di circa 9 punti percentuali rispetto ai risultati delle elezioni comunali del 2016.

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Nel primo turno delle elezioni comunali del 2016, come mostra la tabella precedente elaborata sulla base dei dati pubblicati sul sito del Comune di Roma, il M5S è risultato nettamente il primo partito in tutti i municipi di Roma, con un consenso in periferia molto superiore rispetto a quello delle zone centrali della città.

Nelle elezioni regionali del 2018 il consenso dei singoli partiti a Roma e nei municipi cambia profondamente. Nel voto per le regionali è possibile scorporare, come nelle comunali, il voto di lista ai singoli partiti rispetto al voto dato alle coalizioni e ai candidati sindaci e presidenti di Regione.

La tabella sottostante considera, come quella precedente, i risultati dei partiti che hanno avuto un consenso superiore al 10% e mostra che, nelle elezioni regionali del 2018, il PD torna ad essere il primo partito nel complesso della città di Roma, con un risultato del 22,5% che è di circa 5 punti percentuali superiori al risultato del 2016.  Il M5S subisce in città un vero tracollo passando dal 35,3% al 22%.

elezioni_2018

Il nuovo equilibrio si ritrova anche nel voto dei municipi. Il PD è primo partito in 8 municipi su 15, connfermando i risultati migliori nei municipi del centro, mentre il M5S conferma il suo primato in 7 municipi, con un consenso superiore al 30% nel VI e nel X municipio.

I risultati delle elezioni del 2018 evidenziano che il PD può rappresentare il perno di un’alternativa al governo del M5S a Roma se è in grado di mettere in campo una proposta credibile di governo (come è avvenuto con Zingaretti alle elezioni regionali) attraverso un’alleanza civica per il governo della città.

I 59.000 voti che sono stati dati in più alle liste del PD, nel 2018 rispetto al 2016, rappresentano un’inversione di tendenza. Il 22,5% dei consensi del PD certamente non basta per governare la città. Occorre, pertanto, costruire un’alleanza larga con le forze del centrosinistra e con l’insieme delle associazioni e gruppi civici disponibili.

Le primarie che si terranno il prossimo 28 aprile nel III e nell’VIII municipio per la scelta dei candidati presidenti del centrosinistra rappresentano il primo banco di prova di questa sfida. L’auspicio è che ci sia un grande partecipazione alle primarie e che siano scelti i candidati migliori per la presidenza dei municipi in vista delle elezioni municipali del 10 giugno.

Lo strumento delle primarie aperte, infatti, risulta ancora appropriato proprio per condividere il percorso per scegliere i candidati unitari di coalizione al vertice delle istituzioni territoriali. Ma è poi essenziale che il PD e il centrosinistra costruiscano unitariamente proposte credibili per il governo dei municipi e coinvolgano persone competenti e rappresentative nelle liste per i consigli municipali.

Le primarie aperte (e con liste bloccate) invece non sembrano più appropriate per l’elezione diretta del segretario e degli organismi dirigenti del partito. Questo strumento, concepito con un sistema elettorale che prevedeva un premio di maggioranza e in un sistema politico tendenzialmente bipolare, non funziona nell’assetto politico tripolare e con l’attuale legge elettorale prevalentemente proporzionale. E’ pertanto opportuno che l’assemblea nazionale del PD riveda lo statuto e le modalità di scelta degli organismi dirigenti a livello nazionale, regionale e locale, per dar vita ad una nuova forma-partito meno divisiva e più inclusiva.

In attesa di queste scelte nazionali sull’organizzazione del partito è però auspicabile che il PD di Roma costruisca un appuntamento programmatico, che coinvolga la Regione e i suoi parlamentari di Roma e del Lazio, aperto al contributo delle forze politiche e sociali disponibili, con l’obiettivo di costruire una proposta credibile e condivisa per la riorganizzazione dei servizi del Comune di Roma e dei suoi municipi, in stretto rapporto con la funzione metropolitana e capitale della città.

Si tratta di una “questione nazionale”, perché Roma è la capitale della Repubblica e – con la sua storia e le sue contraddizioni – rappresenta una metafora dell’Italia.

Gaetano Palombelli