Riprendere la prospettiva democratica e autonomista della Repubblica Romana del 1849

L’incontro su “Le libertà municipali e i principi di autonomia nella Costituzione della Repubblica Romana del 1849” è stato organizzato il 6 dicembre scorso dall’Associazione “lacittafutura.eu”, presso il Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina, con l’obiettivo di approfondire le radici storiche e culturali su cui può essere fondato un nuovo assetto istituzionale per Roma che valorizzi i municipi nella direzione indicata da alcuni principi fondamentali della Costituzione della repubblica romana del 1849.

 

RR1849

L’associazione “lacittafutura.eu” ringrazia la Soprintendenza capitolina e il Museo per la collaborazione nell’organizzazione dell’incontro; ringrazia i relatori che sono intervenuti permettendoci di approfondire la conoscenza dell’esperienza della Repubblica Romana e del ruolo che le libertà municipali e i principi di autonomia hanno avuto nella Costituzione del 1849: il prof. Giuseppe Monsagrati,  la dott.ssa Irene Manzi, l’Associazione A. Cipriani – Comitato Gianicolo, il Comitato di quartiere Monteverde Vecchio,  Legautonomie Lazio, la Presidente del Municipio I di Roma (cfr. le foto dell’evento).

Quest’iniziativa si inserisce nel percorso avviato dall’associazione per costruire una proposta condivisa sull’assetto futuro della metropoli di Roma Capitale, che non può essere elaborata senza una piena consapevolezza della storia importante e complessa di Roma.

La città di Roma, nella sua storia millenaria, non ha mai avuto al suo interno una strutturata articolazione municipale.

Roma antica è stata concepita come una città-stato organizzata intorno a legami familiari (gentes) e proiettata verso una continua espansione. Il richiamo ai municipi è servito, in epoca repubblicana, a regolare le relazioni con le città alleate a cui veniva riconosciuta la libertà municipale. Più tardi, vi è stato il richiamo alle province come sedi di decentramento dell’amministrazione dell’Impero.

La struttura organizzativa di Roma nel Medioevo è strettamente legata al sistema di potere feudale di nobili e baroni e all’organizzazione della Chiesa, che si articola in parrocchie e basiliche da cui deriva in gran parte l’articolazione delle prefetture dell’attuale diocesi di Roma.

Una parentesi originale è l’esperimento tentato da Cola di Rienzo che, partendo dalla memoria dell’antica grandezza dell’epoca repubblicana, ha cercato di sviluppare una civiltà comunale più giusta e aperta all’innovazione, con l’aiuto delle classi che e guidavano l’economia: mercanti, giudici, notai. Ma quest’esperienza è stata molto breve e si è interrotta dopo pochi mesi.

Solo con la Costituzione della Repubblica Romana del 1798 si afferma il principio dell’organizzazione municipale della Repubblica e si stabilisce che i Comuni con più di 100.000 abitanti debbano essere suddivisi in più municipi. La cultura francese, che è alla base di quest’esperienza, si collega alle esperienze di municipalismo democratico, tipiche di alcune aree dell’Italia centro-settentrionale, e si legittima sul piano storico-culturale, anche attraverso un reinventato mito dell’autogoverno comunale medievale.

La Costituzione della Repubblica Romana del 1849 si ispira alla libertà municipale come fondamento di un ordinamento democratico e all’autonomia locale come criterio di riparto territoriale della Repubblica.

  • V – I Municipii hanno tutti eguali diritti: la loro indipendenza non è limitata che dalle leggi di utilità generale dello Stato.
  • VI – La più equa distribuzione possibile degli interessi locali, in armonia coll’interesse politico dello stato, è la norma del riparto territoriale della repubblica.

Questi principi costituiscono punti fermi di un’esperienza storica significativa che ha cercato di coniugare la gestione democratica della Repubblica con la valorizzazione del pluralismo istituzionale come requisito essenziale per governare una realtà territoriale molto complessa che ereditava i territori estesi dello Stato pontificio.

Alle elezioni a suffragio universale maschile dell’assemblea costituente del 21-22 gennaio 1849 seguono, infatti, le elezioni municipali con voto censitario che si tengono nel successivo mese di aprile 1849.

Nella difesa di Roma dall’assedio delle truppe francesi, negli ultimi giorni della Repubblica, il triunvirato deciderà di affidare la responsabilità della gestione dei 14 rioni che componevano la città storica a deputati dell’assemblea costituente.

La brevità di quest’esperienza non consente di sviluppare pienamente questi principi nella concreta organizzazione della Città di Roma.

Dopo la nascita dello Stato unitario e la breccia di Porta Pia, Roma diviene Capitale del Regno d’Italia nel 1871. Questa scelta condiziona l’organizzazione della città, che diviene sede dei ministeri e vede crescere progressivamente la sua popolazione, con una presenza diretta del Governo centrale nella gestione dello sviluppo urbanistico e dei delicati rapporti tra lo Stato e la Chiesa. La centralizzazione della gestione della Capitale diviene ancora più evidente con il Governatorato di Roma durante il ventennio fascista.

Ma la Repubblica Romana costituisce un lascito di straordinaria importanza con la Costituzione proclamata il 3 luglio 1849, a poche ore dalla caduta della Repubblica ad opera delle truppe francesi: una carta costituzionale che costituisce un «unicum» nel periodo risorgimentale e che verrà poi presa a modello anche dall’Assemblea costituente che approverà la Costituzione della Repubblica italiana del 1948.

Una riflessione approfondita sui principi di autonomia della Costituzione della Repubblica Romana del 1849 offre, pertanto, utili spunti storici alle associazioni e alle autorità cittadine che stanno cercando di elaborare proposte su un nuovo assetto istituzionale della Città di Roma.

L’attuale struttura dell’amministrazione capitolina non riesce evidentemente a rispondere ai bisogni della comunità. Il Comune di Roma è ormai troppo grande per occuparsi in modo puntuale dei mille problemi quotidiani che i cittadini romani vivono nei diversi municipi e, allo stesso tempo, è troppo piccolo per offrire un governo efficiente e funzionale alla più grande area metropolitana del paese e alla capitale d’Italia.

Per recuperare il senso della storia e darsi un progetto per il futuro, occorre riprendere la prospettiva democratica e autonomista che era stata avviata dalla Repubblica Romana del 1849 e ispirarsi alle esperienze di altre capitali europee.

Con una legge speciale che attui finalmente l’articolo 114 della Costituzione, si può disegnare l’assetto istituzionale della “Grande Roma”, una città intelligente che, trasformando i Municipi in veri Comuni metropolitani, va al di là degli attuali confini del Comune, per dare un governo strategico e integrato alla capitale e a tutta l’area metropolitana.

 

Gaetano Palombelli

Le libertà municipali e i principi di autonomia nella Costituzione della Repubblica Romana del 1849

L’associazione “lacittafutura.eu”, in collaborazione con il Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina, ha organizzato, venerdì 6 dicembre 2019, un incontro per approfondire le radici storiche e culturali su cui può può essere fondato un nuovo assetto istituzionale della città che valorizzi i municipi nella direzione indicata dal dai principi fondamentali V e VI della Costituzione della repubblica romana del 1849.

 

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Quest’iniziativa si inserisce nel percorso avviato dall’associazione per costruire una proposta condivisa sul futuro di Roma Capitale.

La città di Roma, nella sua storia millenaria, non ha mai avuto al suo interno una strutturata articolazione municipale. Roma antica, in epoca repubblicana e imperiale, aveva un’organizzazione su base familiare. In età medievale, la città si organizza in base all’articolazione territoriale della Chiesa.

Con le Costituzioni della Repubblica Romana del 1798 e 1849 si afferma il principio dell’articolazione municipale della Repubblica, ma la brevità di quest’esperienze costituzionali non consente di sviluppare a pieno questa novità nella concreta organizzazione della Città di Roma, che sarà poi assorbita dal suo ruolo preminente di capitale del Regno d’Italia.

I diversi interventi programmati sull’esperienza della Costituzione del 1849 potranno offrire utili spunti storici alle associazioni e alle autorità cittadine, anche al fine di elaborare proposte per un nuovo assetto istituzionale della metropoli di Roma Capitale.

Roma e l’Europa contro le disuguaglianze

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L’Associazione “La città futura” è un’associazione politica e culturale che vuole costruire un percorso unitario tra le persone, le associazioni e i partiti che si riconoscono nei valori di libertà, uguaglianza, fraternità, democrazia, rispetto dell’ambiente, che sono a fondamento dell’Unione europea, a partire da Roma, la città in cui abbiamo scelto di vivere.

Le analisi di molti economisti, anche sulla base degli studi di Thomas Piketty e Branko Milanovic, concordano sul fatto che, negli ultimi anni, le disuguaglianze economiche tra i diversi paesi nel mondo si sono ridotte, mentre sono aumentate le disuguaglianze all’interno dei singoli Stati e delle aree economiche regionali.

La recessione del 2008 ha comportato per l’Italia, in particolare, una sensibile diminuzione del PIL assoluto e procapite, un aggravamento delle disuguaglianze sociali e territoriali, un complessivo aumento dei livelli di povertà.

Le disuguaglianze territoriali non riguardano solo il rapporto tra il Nord e il Sud del Paese, ma anche quello tra le aree interne e le aree urbane.

Se si analizzano i dati di Roma relativi ai redditi dell’area metropolitana risulta evidente una frattura territoriale tra le zone interne (ad Est) e le zone centrali e costiere (ad Ovest), una frattura molto più importante di quella che di solito traspare nell’immaginario dei romani (tra il Nord e il Sud della Città).

I Municipi V e VI di Roma, per ricchezza, sono molto più simili ai Comuni dell’entroterra che agli altri Municipi della Città, con un reddito medio che è circa la metà di quello delle zone centrali.

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Le differenze di reddito, oltre al peso storico delle rendite immobiliari, sono spesso collegate alla diversa localizzazione dell’insediamento dei circa 400.000 stranieri che vivono a Roma. Il V e il VI sono i Municipi che negli ultimi anni a Roma hanno avuto una crescita maggiore della presenza di stranieri residenti.

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I due Municipi ad Est di Roma sono stati toccati in questi giorni da diversi episodi che sono al centro delle cronache romane: le proteste a Torre Maura per i trasferimenti dei Rom, i roghi tossici di Tor Sapienza, l’incendio alla libreria “la pecora elettrica”, l’inquinamento e lo stato di abbandono del Parco di Centocelle.

Ma il V e il VI sono anche tra i Municipi più popolosi della Città, in cui ci sono più giovani, che saranno interessati dall’entrata in funzione della nuova linea di metropolitana (la Metro C),  un’opera che non è stata realizzata nei tempi previsti (entro il 2011) e che deve essere ancora completata.

La struttura che ci ospita, il Fusolab, è gestita da diversi anni da un’Associazione di promozione sociale che cerca di dare una risposta quotidiana alle tante esigenze di chi vive nel quartiere Alessandrino e nel V Municipio.

Questi pochi dati e fatti mostrano in modo evidente le grandi disuguaglianze che ci sono a Roma e bastano a raffigurare le difficoltà di governo di una città che, per abitanti ed estensione territoriale, meriterebbe un assetto istituzionale più articolato e moderno, con funzioni, risorse e organizzazione dei poteri simili a quelli di altre capitali europee.

Se allarghiamo lo sguardo da Roma all’Italia e dall’Italia all’Europa ci rendiamo subito conto che l’Unione europea negli ultimi 15 anni ha fatto uno sforzo molto importante per l’allargamento ad Est ma resta grande la frattura tra il Nord e il Sud dell’Europa, se solo guardiamo i dati relativi al lavoro e alla disoccupazione.

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I dati economici, le divisioni sulle politiche migratorie e sui rapporti con l’Africa e il Medio Oriente, mostrano che in Europa manca una vera politica comune sul Mediterraneo.

Più in generale, negli anni passati caratterizzati da forti processi di globalizzazione economica, in un’ottica ordoliberale, l’Unione europea ha preferito accontentarsi dei risultati raggiunti sul piano del mercato unico e puntare sulle capacità dei suoi Stati membri di realizzare ristrutturazioni dei processi produttivi che li mettessero in grado di esportare di più nel mondo, anche attraverso una svalorizzazione del lavoro e la riduzione della spesa pubblica.

Confindustria – CGIL – CISL – UIL, di fronte all’evoluzione più recente dell’economia mondiale e al risorgere dei dazi, hanno elaborato per le elezioni del prossimo 26 maggio un appello unitario per l’Europa, in cui si chiede una maggiore integrazione e condivisione delle politiche economiche, il rilancio degli investimenti pubblici, una politica industriale europea e politiche di coesione sociale che migliorino le condizioni di vita e di lavoro di tutti i cittadini europei, per garantire una crescita sostenibile e inclusiva.

Sono proposte innovative e importanti che è auspicabile siano fatte proprie da chi si candida oggi al Parlamento europeo.

La sfida di una sovranità condivisa in Europa che metta a fattor comune il ruolo delle autonomie territoriali, degli Stati e dell’Unione europea per la lotta alle diseguaglianze sociali e territoriali è l’oggetto dell’incontro di Sabato 4 maggio 2019 in cui ci confronteremo con Roberto Gualtieri, oggi Presidente della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo.

Una coalizione civica per dare una svolta a Roma e una legge sulla Capitale

Il blocco delle tre stazioni centrali della Metro A di Roma è solo l’ultimo segnale di una città allo sbando, incapace di gestire bene i suoi servizi essenziali, come la raccoltà dei rifiuti, i trasporti, il verde, la viabilità.

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Roma è una città bloccata in cui i cantieri sono fermi e cresce la disoccupazione, con un governo del Comune e dei Municipi sempre più in difficoltà per l’inerzia e i conflitti interni al M5S, il riproporsi di un sistema di corruzione diffuso, la mancanza del necessario riordino delle strutture amministrative e delle società partecipate.

La consapevolezza di questa situazione di emergenza è ormai diffusa.

Il 27 ottobre 2018, un gruppo di cittadine e cittadini di Roma, “Tutti per Roma, Roma per tutti“, uniti dal desiderio di ridare dignità alla città, ha dato vita alla manifestazione “Roma dice basta”, con un appello che iniziava con queste parole: “siamo esasperati. A Roma non c’è niente che funzioni. La capitale è ferita dall’incuria, dalla mancanza di visione e di strategia di chi dovrebbe governarla.

Il Papa nella recente visita in Campidoglio ha evidenziato che Roma, per la sua storia e la sua funzione, è un “organismo delicato” e merita che “i privati cittadini come le forze sociali e le pubbliche istituzioni, la Chiesa Cattolica e le altre Comunità religiose, tutti si pongano al servizio del bene della città e delle persone che la abitano, specialmente di quelle che per qualsiasi ragione si trovano ai margini, quasi scartate e dimenticate o che sperimentano la sofferenza della malattia, dell’abbandono o della solitudine.

Il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, nell’intervista di oggi al Messaggero, sottolinea la pervasività della corruzione nella capitale. “La cifra di Roma è la complessità… La presenza di associazioni di tipo mafioso non è tale da condizionare la città come è avvenuto in determinati periodi storici in altre città del sud. Roma ha storicamente un problema di corruzione. Per combattere la quale – come ho già detto – è necessario uno sforzo di tutti, istituzioni e cittadini“.

Anche le principali associazioni rappresentative delle imprese romane, lunedì prossimo, si incontreranno per chiedere un “cambio di passo” a chi governa Roma “per arrestare il crescente declino dell’area metropolitana e delle sue strutture“.

A fronte delle evidenti difficoltà dell’esperienza di governo del M5S a Roma, è auspicabile che i gruppi dell’opposizione di centrosinistra nell’Assemblea capitolina, nei Municipi e nella Città metropolitana, insieme ai Presidenti dei Municipi I, II, III e VIII,  convochino un incontro unitario, per fare il punto su ciò che succede nelle istituzioni, ascoltare le esigenze e le proposte che provengono dai diversi corpi sociali, avviare la costruzione di una coalizione civica larga che si candidi a governare Roma con una visione strategica per il rilancio della Capitale.

Allo stesso tempo, nel momento in cui si sta aprendo la discussione nel Paese sull’attuazione delle disposizioni costituzionali sul regionalismo differenziato, è necessario che i deputati e i senatori di Roma portino all’attenzione del Parlamento la “questione capitale“, ovvero il tema dell’approvazione di una legge speciale sull’ordinamento di Roma capitale, che dia finalmente attuazione all’articolo 114, comma 3, della Costituzione.

Come ha detto il Papa,  la “peculiare identità storica, culturale e istituzionale di Roma postula che l’Amministrazione capitolina sia posta in grado di governare questa complessa realtà con strumenti normativi appropriati e una congrua dotazione di risorse.”

Per la sua storia e la sua funzione di capitale nazionale ed internazionale, Roma merita un sistema di governo moderno e integrato degno di una metropoli europea, che le consenta di rispondere alle esigenze del territorio e, allo stesso tempo, di essere un volano per lo sviluppo unitario del Paese.

Gaetano Palombelli

 

Gli stranieri residenti a Roma, il diritto di migrare, i valori della democrazia europea

Nell’area metropolitana di Roma vivono oggi oltre 550.000 stranieri, di cui quasi 400.000 nella città di Roma, come mostra il dossier laborato dall’Ufficio di statistica della Città metropolitana (roma_stranieri_2017).

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Secondo l’Osservatorio romano sulle migrazioni dell’IDOS “La Città Metropolitana di Roma, con 544.956 residenti stranieri a inizio 2017, pari al 10,8% di quelli residenti in Italia (5.047.028), è la prima provincia per numero di immigrati. Nel corso del 2016 i residenti stranieri sono aumentati di 15.558 unità, l’incremento più alto tra le province italiane, con un ritmo di crescita superiore a quello medio nazionale (+2,9% contro +0,4%).”

Dal punto di vista terminologico occorrerebbe parlare di stranieri residenti più che di immigrati, persone che hanno ormai deciso di vivere in modo stabile nella nostra città. Conoscere bene questo fenomeno strutturale, a Roma come in Italia, è il presupposto essenziale per mettere in campo processi di accoglienza e integrazione che passano per le diverse dimensioni del welfare (scuola, sanità, servizi sociali e di mediazione culturale).

Il diritto di migrare è uno dei fondamenti della civiltà mediterranea. Tra i miti fondativi della civiltà romana c’è il viaggio di Enea e l’istituzione dell’asilo sul Campidoglio, da parte di Romolo, nel quale poterono rifugiarsi tutti gli esuli delle città vicine.

Come dice Papa FrancescoIl viaggio dei migranti non è sempre un’esperienza felice. Basti pensare ai terribili viaggi delle vittime della tratta. Anche in questo caso, però, non mancano le possibilità di riscatto, come accadde per il piccolo Giuseppe, figlio di Giacobbe, venduto come schiavo dai fratelli gelosi, il quale in Egitto divenne un fiduciario del faraone. Ci sono poi gli esodi drammatici dei rifugiati, un’esperienza che Gesù Cristo stesso provò, assieme a i suoi genitori, all’inizio della propria vita terrena, quando dovettero fuggire in Egitto per salvarsi dalla furia omicida di Erode”.

La gestione dei fenomeni migratori, d’altro canto, per come si prospetta oggi, è una sfida complessa che non può essere risolta dai singoli paesi europei.

Chiudere le frontiere europee sarebbe dannoso per l’Europa, per la sua demografia e la sua economia, e sarebbe in contrasto con un principio di realtà: le persone si possono spostare, a differenza delle pietre.

Ma la chiusura delle frontiere sarebbe in contrasto con i valori e le radici della civiltà europea. Il diritto il diritto di asilo, infatti, è stato inserito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea come diritto garantito nel rispetto delle norme internazionali relative allo status dei rifugiati.

L’Unione europea dovrà pertanto gestire le frontiere esterne in modo unitario, rivedendo il Regolamento di Dublino, per programmare i flussi legali in entrata nell’ambito di un’azione unitaria di cooperazione con l’Africa e il Medio Oriente.

Il popolo italiano è tradizionalmente un popolo di viaggiatori e di migranti. Ci sono oltre 50 milioni di persone di origine italiana che vivono nel mondo al di fuori dei confini del nostro Paese.

Ma l’Italia, a partire dagli anni ’90, si è trasformata in un paese di immigrazione. In poco più di 25 anni gli stranieri residenti sono cresciuti da 200.000 ad oltre 5 milioni, come mostrano chiaramente i dati Istat riferiti alla popolazione residente al 1° gennaio 2018.

Più complessa è la stima della presenza degli stranieri irregolari in Italia: oltre 500.000 secondo questa ricostruzione di uno studio dell’ISPI, con una tendenza all’aumento, anche se a partire dal 2017 c’è una tendenza alla riduzione del flusso di migranti in entrata e nel 2018 gli sbarchi via mare si sono ridotti notevolmente (circa l’80% in meno).

L’immigrazione non è un’emergenza, è ormai un dato strutturale che non può essere ridotto al tema della sicurezza e dell’ordine pubblico.

Se si approfondiscono i dati sulla presenza straniera a Roma come in Italia e se si considerano le persone in carne ed ossa, a partire dalla nostra vita quotidiana, gli immigrati (nelle città, nelle case, nelle scuole, nel mondo del lavoro, nello sport…) fanno ormai parte integrante della nostra società e sono una risorsa essenziale per far crescere l’Italia in stretta connessione con il mondo che cambia.

 

Gaetano Palombelli

Referendum a Roma del prossimo 11 novembre: per un buon servizio pubblico di trasporto votiamo sì

Il referendum sul trasporto pubblico a Roma

Domenica 11 novembre si svolgerà a Roma il referendum consultivo sul trasporto pubblico locale promosso dal comitato “Mobilitiamo Roma”.

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Il referendum consentirà ai cittadini di dare un parere rilevante sul problema più importante di Roma.

 

Da ATAC un servizio inaccettabile

Il trasporto pubblico a Roma funziona male. Il monopolio ATAC è ormai insostenibile ed è causa di malessere quotidiano della città. Esso oggi produce oggi 84 milioni di Km all’anno, invece dei 101 previsti nel contratto di servizio con il Comune e dei 120 del passato. Negli ultimi venti anni il servizio è stato ridotto di circa il 30% in media, che significa riduzioni del 50-60% in periferia. Questa riduzione è assolutamente inaccettabile, soprattutto per una città priva di una rete metropolitana all’altezza della sua dimensione e della sua funzione di Capitale.

L’ATAC offre ai romani meno di quanto sarebbe possibile con le attuali risorse comunali, è una struttura burocratico-corporativa che consuma le risorse al proprio interno e solo quello che avanza va ai cittadini come servizio.

 

Le gare sono la norma

Il ricorso alle gare europee è l’unico strumento che può abbassare i costi e aumentare le percorrenze degli autobus e la qualità del servizio.  Le leggi vigenti sul trasporto pubblico locale infatti prevedono che le gare debbano svolgersi entro il mese di dicembre 2019. I comuni inadempienti subiranno una penalizzazione economica che a Roma può arrivare a un centinaio di milioni.

Le gare non sono una soluzione estrema, ma semplicemente la regola prevista dalla normativa europea e italiana da più di vent’anni. I servizi di trasporto sono già oggi affidati con gara a Milano, Torino, Trieste, Bologna, Firenze e Perugia, così come in decine di altre città minori.

 

La separazione tra funzioni garantisce l’interesse pubblico e la socialità del servizio

La liberalizzazione prevede la separazione tra le funzioni di regolazione (la rete, gli standard, le tariffe e gli impianti) e le funzioni di produzione (la guida dei mezzi e la manutenzione).

Le prime costituiscono il valore sociale del servizio e restano sotto il controllo pubblico; le seconde invece sono attività industriali da migliorare mediante la concorrenza tra privati.

Cosa fa un cittadino che decide di utilizzare il mezzo pubblico? Per prima cosa si dota di un biglietto e fa i conti con la tariffazione; poi cerca una fermata vicina e verifica l’accessibilità del servizio; in attesa alla fermata misura la frequenza di passaggio dei mezzi; infine, lungo il percorso ha bisogno di cambiare mezzo per arrivare a destinazione e si deve orientare nella rete integrata.

E’ bene chiarire che la normativa europea, nazionale e regionale prevedono che questi quattro aspetti – tariffazione, accessibilità, frequenza, rete, che definiscono il servizio pubblico – sono e restano di competenza dell’amministrazione comunale. Se sono ben gestite il nuovo utente sarà soddisfatto, mentre non cambierà nulla se l’autista che produce il trasporto è un dipendente pubblico o privato.

 

Liberalizzare, non privatizzare

Ma non basta dire gare. Sara decisivi gestire bene le gare per rafforzare l’interesse pubblico ed evitare un monopolio privato. sta qui la differenza tra liberalizzazione e privatizzazione.

Per questo è fondamentale che, come prevede il quesito del referendum, il servizio sia affidato su diversi lotti a diversi operatori. La produzione non dovrebbe essere in mano ad un unico gestore monopolista.

I diversi lotti fanno in modo che nessuno abbia la possibilità di ricattare l’autorità pubblica minacciando il blocco del servizio per ottenere condizioni di favore. Gli operatori che vincono i lotti delle gare devono fornire i servizi in base a costi, quantità e qualità definiti nei contratti, pena severe sanzioni da parte del Comune fino a eventuali rescissioni.

L’esperienza del gestore privato Roma TPL, che già oggi gestisce quasi un quarto del servizio di superficie di Roma è emblematico. A fronte di un servizio nettamente più affidabile (a differenza di ATAC svolge quasi integralmente il servizio previsto dal contratto) e molto più economico di quello di ATAC, Roma TPL non si comporta correttamente con i suoi dipendenti. Ma, essendo l’unico gestore privato ed essendo impensabile sostituirlo con ATAC per i costi insostenibili che ciò comporterebbe, il Comune è costretto a tenerselo fino alla prossima gara, prevista entro l’anno. Fortunatamente la prossima gara sarà su due lotti.

 

Rafforzare l’Agenzia, tutelare il patrimonio

La legge ed i contratti di lavoro garantiscono il posto di lavoro e gli attuali stipendi degli autisti e degli operai, ma non dei dirigenti. Per ricostruire il principio di organizzazione oggi smarrito in ATAC è necessario rinnovare il management.

La liberalizzazione richiede invece un rafforzamento del soggetto pubblico che dovrà garantire nei fatti il carattere sociale del servizio e non a parole come avviene nell’attuale gestione monopolistica. Esso dovrà avere la nuova forma di Agenzia, che si costituirà assorbendo le agenzie esistenti, per dar vita ad una moderna tecnostruttura pubblica capace di pianificare il trasporto di tutta l’area metropolitana e di gestire i contratti di fornitura con i privati.

Anche il patrimonio – i depositi dei bus, la rete metro e tramviaria, i parcheggi di scambio, i treni della metro – va mantenuto in mani pubbliche, preservandone la sua natura e l’impatto sulle scelte di trasporto e urbanistiche.

 

Separare la gestione dal debito

L’ATAC si trova sull’orlo dell’abisso e non rimarrà stabile nei prossimi anni. Ha un debito di 1,5 miliardi di euro ed è già sottoposta ad un concordato che può portare al completo fallimento. Se non si cambia il modello di gestione del trasporto pubblico romano probabilmente sarà svenduta a un privato senza alcuna garanzia.

Va invece nettamente separata la gestione del debito dal servizio: il debito è un problema creato dal Comune e dalla sua azienda, che va gestito con la valorizzazione del patrimonio e risorse ad hoc; è una zavorra insostenibile, frutto di errori passati, che non si può ancora far gravare sul servizio di trasporto.

 

La scelta del sì al referendum

Per evitare una privatizzazione selvaggia occorre una vittoria del Sì al referendum. Il nostro obiettivo è la liberalizzazione per costruire un nuovo modello di governo del trasporto pubblico romano che rafforzi il controllo pubblico e migliori la qualità del servizio.

Una visione ambiziosa per la mobilità a Roma

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La crisi ATAC è il principale problema del governo di Roma, così inizia la sintesi che lo Stesso Walter Tocci fa del suo ultimo saggio intitolato “La crisi dell’ATAC, le scelte sbagliate e le soluzioni possibili”. Un saggio che, partendo dalla crisi devastante dell’ATAC, ci spiega la ben più grave crisi della mobilità nella Capitale. Due facce della stessa medaglia, che vanno ad aggravare una situazione comunque inaccettabile determinata da una dotazione infrastrutturale assolutamente non all’altezza delle necessità di una capitale, di una città metropolitana di 4 milioni di abitanti.

Roma ha bisogno di valorizzare meglio le infrastrutture esistenti, di renderle davvero interoperabili, ma soprattutto di potenziarle vigorosamente, con nuove metropolitane, nuove ferrovie nell’area metropolitana, nuove stazioni su quelle esistenti, nuove tramvie per completare la maglia.

Ma ha bisogno anche di rivedere e ristrutturare profondamente la propria rete su gomma, nel breve periodo per tamponare la mancanza di infrastrutture, nel lungo per alimentarla e sfruttarla al meglio. Con scelte coraggiose e davvero innovative, valorizzando al meglio le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie telematiche.

Ed ha ovviamente bisogno che i propri servizi di trasporto siano gestiti bene, che siano affidabili, regolari e puntuali e che siano pagati il giusto, perché gli sprechi sono anche pagare troppo un servizio che si potrebbe pagare meno: o, se volete, avere più servizio con gli stessi soldi.

Tutto ciò si può fare. Si possono trovare i soldi per realizzare le infrastrutture, come si trovano in qualunque paese civile, e si può organizzare meglio il servizio, nel rispetto dei legittimi interessi dei lavoratori del settore.

Per farlo occorre, però, avere una visione. Una visione ambiziosa e adeguata alla scala di una grande metropoli. Per attuarla davvero occorrono gli strumenti per pianificare, progettare, controllare, promuovere le infrastrutture e i servizi. Pensando non solo ai servizi tradizionali, ma anche a quelli innovativi, come il car sharing, il bike sharing, i taxi collettivi, servizi che possono apparire marginali, ma che sono fondamentali per rendere davvero possibile rinunciare all’auto privata e liberare le nostre strade garage da centinaia di migliaia di inutili auto, come sta avvenendo a Milano. E per arrivare agli standard delle grandi metropoli europee dove ci sono la metà delle auto in proporzione agli abitanti rispetto a quelle che ci sono a Roma. Parliamo quindi di quasi un milione di auto di troppo!

Oggi nulla di tutto questo c’è a Roma. In nessuna grande metropoli d’Europa e del Mondo il tema è il rischio del fallimento della propria azienda dei trasporti. In nessuna di queste città si pensa di risolvere i problemi della mobilità con interventi al ribasso come i moncherini tramviari di due chilometri o le due strisce di preferenziali.

Occorre una svolta radicale e una strategia ambiziosa per riorganizzare la mobilità dell’area metropolitana di Roma e della Capitale, con il concorso di tutte le istituzioni interessate, i Municipi, il Comune, la Città metropolitana, la Regione e lo Stato.

Simone Gragnani